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Articolo: LA REPUBBLICA DEI SUDDITI


 In questo “strano” periodo, strano perché depresso come al solito, ma più depresso del solito, nei diversi dibattiti televisivi e non, si sono ripetuti scambi di opinioni, quasi sempre uguali o, per lo meno, molto simili, riguardanti: 1) i limiti alla libertà 2) i mezzi adottati ed i risultati (negativi) ottenuti al fine di fare fronte al fenomeno pandemico.
In relazione al primo dibattito, a qualcuno che ha osato evidenziare come, i provvedimenti restrittivi, rappresentino una palese violazione alla libertà, si è sentito rispondere, in maniera perentoria, quasi violenta: “libertà non vuol dire diritto di contagiare gli altri”. A tale considerazione tutti o quasi, si sono ritirati, quindi, nessuno ha mai risposto, come sarebbe stato il caso di fare: “se hai paura di contagiarti stattene a casa, io vado dove mi pare”; il che sarebbe la risposta più sensata nei confronti di chi si sente nel diritto di chiuderti in casa; ma perché mai nessuno risponde così ? Proviamo a rifletterci.
Qualche tempo fa ha destato, per lo meno, stupore la frase di E. Luttwakk “in America la gente ha diritti, non è né la Cina né l'Italia” quasi a risvegliarci da un bel sogno di democrazia e farci rendere conto che l'auto-proclamazione a “Stato Democratico” (come avveniva, ad esempio, per la D.D.R.) non significa un bel niente.
In realtà, se guardiamo alla nostra storia, non abbiamo avuto né la grande rivoluzione, come in Francia, né le lotte tra re e parlamento che ci sono state nel Regno Unito; l'Italia è il risultato di un'addizione di popoli sottomessi: è il risultato della somma di un nord quasi tutto dominato dagli austriaci e dai Savoia i quali avevano, molto bonariamente, regalato uno statuto, legge ordinaria, che aveva la stessa forza che ha oggi lo statuto del contribuente, cioè, zero; da un centro in mano al vaticano dove c'era un Papa, un po' meno “imperator” ed un po' più “pontifex”, ma sempre diretto successore dell'imperatore romano, del quale ha conservato anche la lingua, tanto che il Vaticano è l'unico Stato che, ancora, non applica la separazione dei poteri; per ultimo c'era il sud, sotto gli spagnoli i quali, fino all'altro ieri, erano dominati da una dittatura; non è un caso che la sinistra ci sbatta in faccia un “Leopoldo” signore illuminato.
Non è un caso neppure che la stessa nostra Costituzione, ad ogni enunciazione di diritto o di libertà, ponga un “ma” che è sempre una congiunzione avversativa non circoscritta da alcun limite, quasi sempre costituita da una riserva di legge in grado di svuotarne il contenuto.
Prendiamo la questione dell'obbligatorietà dei vaccini; l'art. 32 proclama che nessuno possa essere sottoposto a trattamento sanitario MA... (“a meno che non sia previsto dalla legge”); questa disposizione libertaria non è un pleonasmo normativo; è stata prevista affinché non si ripetesse quanto avveniva nei campi di sterminio; la presenza “a meno che...”, però, ne svuota, con ogni evidenza, il contenuto.
La mia impressione è che i Padri Costituenti avessero bene in mente cosa significasse una dittatura ma non avessero, altrettanto chiaro, cosa significhi “democrazia liberale”; si avverte, nella Costituzione, un horror vacui, cioè il terrore che una libertà incondizionata possa portare al caos; il popolino non sa, non capisce, né può decidere senza essere educato, anche e soprattutto in democrazia, per cui è bene non fidarsi.

Secondo dibattito: a chi rimarca come, a provvedimenti restrittivi forti, siano seguiti risultati peggiori che negli altri stati (soprattutto in campo economico) si fa notare che siamo un Paese povero, con un grosso debito, che i nostri governanti non potevano fare come in Germania ed indennizzare tutti. Mai nessuno ha, però, replicato a tale constatazione: ma se siamo un Paese povero, perché i nostri governanti guadagnano più dei governanti tedeschi? Perché sono migliori? No, altrimenti avrebbero raggiunto gli stessi risultati; ma chi ha la mentalità del suddito non può fare queste domande, perché sa già la risposta, che è quella del marchese del Grillo (ogni riferimento a nomi di personaggi oggi esistenti è puramente casuale) “io sono io... e voi non siete un cazzo”.

Paolo Gatto
Presidente Nazionale A.L.A.C.



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