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Testo unico

Istituzione dell'«attestato di competenza» e delega al Governo
per la disciplina delle professioni non regolamentate
(Testo unificato C. 1048 Ruzzante, C. 2488 Mantini, C. 2552 Polledri, C. 2767 Pistone, C. 3685 CNEL)
 
TESTO UNIFICATO ADOTTATO COME TESTO BASE, COME RISULTANTE DAGLI EMENDAMENTI APPROVATI
Art. 1.
(Definizione).

1. Sono oggetto della presente legge tutte le attività professionali, intellettuali e non intellettuali, che non sono ricomprese nelle professioni di cui all'articolo 2229 del codice civile, con esclusione dell'esercizio delle attività commerciali e di pubblici esercizi previste dalle leggi vigenti, nonché delle attività per le quali le leggi vigenti prevedono l'esistenza di albi, ruoli, elenchi o registri tenuti da pubbliche amministrazioni.

Art. 2.
(Attestazione di Competenza).

1. Nell'ambito delle facoltà previste dalla direttiva 92/51/CEE, è istituito «l'attestato di competenza» con il quale si attestano l'esercizio abituale della professione, il costante aggiornamento del professionista ed un comportamento conforme alle norme del corretto svolgimento della professione.

2. L'attestato di cui al comma 1 non è requisito vincolante per l'esercizio delle attività professionali di cui alla presente legge ed è rilasciato a tutti i prestatori iscritti alle libere associazioni professionali, di cui all'articolo 3, che ne facciano richiesta e che dimostrino di essere in possesso dei requisiti di cui al comma 1.

L'attestato di cui al comma 1 può essere rilasciato a tutti i prestatori che ne facciano richiesta, anche da organismi di certificazione delle persone.

3. Le eventuali validazioni richieste dalle associazioni professionali, di cui all'articolo 3, per il rilascio di attestati di competenza hanno carattere oggettivo e contengono dichiarazioni di soggetti terzi, professionalmente qualificati. Tali validazioni possono essere altresì rilasciate dagli organismi di certificazione delle persone di cui al comma 2.

4. Il mancato rinnovo dell'adesione alla associazione professionale, di cui all'articolo 3, che ha rilasciato l'attestato di competenza comporta la perdita dell'attestazione, salvo il caso di adesione ad altra associazione professionale riconosciuta ai sensi della presente legge. In tale fattispecie la validità dell'attestato è prorogata di tre mesi, onde consentire il rinnovo dell'attestato da parte della associazione prescelta dall'interessato. Decorso tale termine l'attestato perde di validità.

 
Art. 3.
(Associazioni Professionali).

1. Presso la Presidenza del Consiglio, sempre nell'ambito delle facoltà previste dalla direttiva 92/51/CEE, può essere istituito un Dipartimento delle associazioni professionali che provvede a registrare, avvalendosi del ruolo consultivo del CNEL, in apposito elenco le associazioni professionali, di natura privatistica, costituite da esercenti una attività intellettuale, su base volontaria, senza vincolo di esclusiva e nel rispetto della libera concorrenza.

2. Le associazioni professionali sono titolari della definizione dei criteri qualificativi - definiti con le parti interessate, avvalendosi eventualmente degli organismi di certificazione delle persone di cui all'articolo 2, comma 2 - necessari ai fini del rilascio dell'attestato di competenza, tra i quali:

a) l'individuazione di eventuali livelli di preparazione didattica, dimostrabili tramite il conseguimento di titoli di studio o percorsi formativi;

b) la definizione dell'oggetto dell'attività professionale e dei relativi profili professionali;
c) la determinazione di standard qualitativi da rispettare nell'esercizio delle attività;
d) l'elaborazione di un codice deontologico e la definizione di eventuali interventi sanzionatori nei confronti degli associati;
e) le modalità di aggiornamento professionale.

3. I criteri qualificativi fissati sono oggetto di valutazione da parte del Dipartimento delle associazioni professionali ai fini dell'iscrizione delle medesime all'elenco di cui al comma 1.

4. All’istituzione e al funzionamento del Dipartimento di cui al comma 1, si fa fronte con le risorse strumentali, umane e finanziarie già disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per lo Stato.

 
Art. 4.
(Delega legislativa).

1. Il Governo è delegato ad emanare, entro il termine massimo di sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi che fissano le caratteristiche che devono avere le associazioni professionali e gli organismi di certificazione per essere registrate nell'elenco di cui all'articolo 3, comma 1, ed essere autorizzate a rilasciare gli attestati di cui all'articolo 2, comma 1, sulla base dei seguenti princìpi:

a) gli statuti devono garantire la trasparenza delle attività e degli assetti associativi, la dialettica democratica tra gli associati, escludere ogni fine di lucro;

b) le associazioni e gli organismi di certificazione devono avere una struttura organizzativa e tecnico-scientifica consolidata e fissato procedure operative adeguate all'effettivo ed oggettivo raggiungimento delle finalità della associazione professionale, nonché un codice deontologico che possa garantire il corretto comportamento degli esercenti le attività professionali intellettuali nei confronti degli utenti;

c) gli attestati di competenza possono essere rilasciati dalle associazioni professionali e dagli organismi di certificazione solo dopo la verifica del possesso da parte dell'Associato di idonea polizza assicurativa a garanzia degli utenti, per la copertura dei rischi derivanti nel caso di esercizio della libera attività professionale, e dell'impegno, da parte dello stesso associato, ad aggiornarsi continuamente nel proprio settore di attività.

d) sia previsto un limite temporale per la validità dell'attestazione, non superiore a tre anni, e le modalità di rinnovo sulla base di elementi oggettivi che garantiscano la permanenza dei requisiti in capo all'esercente l'attività professionale.

Art. 5.
(Doveri del titolare dell'attestato di competenza).
1. Il titolare dell'attestato di competenza ha l'obbligo di informare l'utenza del proprio numero di iscrizione e degli estremi dell'organizzazione che lo ha rilasciato.
Art. 6.
(Vigilanza)

1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri e le Regioni, nell’ambito delle rispettive sfere di competenza, vigilano sull’operato delle associazioni professionali e degli organismi di certificazione.

2. La Presidenza del Consiglio, anche su segnalazione delle Regioni, provvede alla cancellazione dall’elenco di cui all’articolo 3, con conseguente perdita del diritto di rilascio degli attestati di cui all’articolo 2, delle associazioni professionali e degli organismi di certificazione nel caso di irregolarità, perdita dei requisiti o prolungata inattività dei medesimi.



Locazioni
PAOLO GATTO
Cenni in materia di locazioni
Le norme imperative

Ciò che ha sempre contraddistinto la materia locatizia è stata la sua imperatività. L’imperatività è costituita da due elementi:

1)-L’inderogabilità della legge quando la deroga operi a sfavore del conduttore;
2)-La sostituzione automatica della clausola nulla;

Il primo elemento deriva dal fatto che le norme sulle locazioni sono norme imperative di ordine pubblico economico di protezione; sono cioè norme inderogabili, contrattualmente, anche dalle parti stesse, che corrispondono ad una finalità economica della legge che è quella di tutelare il contraente più debole, ovvero il conduttore, dalla maggiore forza contrattuale del proprietario.
Il secondo elemento è il rimedio attraverso il quale la legge raggiunge il suo scopo di creare parità sostanziale tra le parti attraverso il privilegio di quella meno forte. La sostituzione automatica delle clausole nulle, infatti, configura un’eccezione in materia contrattuale, ove alla nullità di un elemento essenziale segue la nullità del rapporto; nelle normative di protezione, infatti, l’annullamento del contratto frustrerebbe la finalità della legge, per cui alla clausola nulla viene automaticamente sostituita quella legale, per cui il rapporto viene conservato.

L’equo canone

La prima legge organica in materia di locazioni è la L. 392/78, meglio conosciuta come equo canone; oggi è ancora in vigore sotto alcuni profili per quanto riguarda le locazioni abitative e, per intero, per quanto riguarda le locazioni non abitative.
L’imperatività dell’equo canone era sancita dall’art. 79, il quale sanzionava con la nullità ogni clausola contrattuale che potesse apportare un vantaggio al locatore che non fosse previsto dalla legge.
L’equo canone era diviso in due parti fondamentali:

1)-Gli usi abitativi
2)-Gli usi non abitativi o commerciali.
Gli usi abitativi
La disciplina relativa agli usi abitativi contemplava due grossi limiti alla libera contrattazione tra le parti:

a)-La durata, che era prevista nella misura minima di quattro anni, con rinnovo automatico salva la disdetta da comunicarsi almeno sei mesi prima della scadenza;
b)-Il canone, che era previsto nella misura massima, secondo calcoli che tenevano conto della superficie, della vetustà, dell’ubicazione ecc.; il canone base (calcolato al 1978) veniva aggiornato in ragione del 75% massimo dell’inflazione e, ai sensi dell’art. 23, veniva adeguato degli interessi sulle spese sostenute dal locatore per lavori straordinari.

Le spese di amministrazione ordinarie erano, ai sensi dell’art. 8, dovute dal conduttore solo per consumi e servizi (90% portineria) l’imposta di registro al 50%.
Secondo il disposto dell’art. 79, il conduttore poteva ripetere i canoni indebitamente versati oltre quanto stabilito dai parametri entro sei mesi dal rilascio.

Gli usi non abitativi.

Vengono ricompresi tra gli usi non abitativi tutti quelli che non sono abitativi (sottoposti alla specifica disciplina) o che corrispondano ad esigenze transitorie del conduttore ai sensi dell’art. 26; sono, pertanto, sottoposti alla disciplina dei non abitativi i locali destinati a impresa commerciale, artigianale, attività professionale, ma anche finalizzati ad attività non lucrativa quali circoli associativi, associazioni e partiti. Sono attratti, per uniforme orientamento della giurisprudenza, i contratti relativi a magazzini e depositi funzionalmente e spazialmente collegati ad attività economiche (ad esempio se si affitta un magazzino ad un privato non vi è vincolo, ma se il magazzino è collegato ad un’attività segue la normativa).
L’uso non abitativo non contempla un vincolo al canone, che è liberamente determinato dalle parti, ma il limite minimo della durata non solo è stabilito in sei anni (nove per gli alberghi), con obbligo di disdetta almeno un anno prima (diciotto mesi per gli alberghi) ma è altresì previsto un rinnovo obbligatorio fatti salve specifiche esigenze del locatore (abitative, professionali ecc.).
Alla scadenza il conduttore ha diritto di prelazione e ha diritto alla corresponsione di diciotto mensilità per la perdita di avviamento commerciale (le mensilità sono raddoppiate se viene intrapresa la stessa attività del conduttore da altro soggetto), ma detti oneri del locatore sono limitati al fatto che nei locali l’impresa operasse a contatto con il pubblico (e, comunque, solo per attività artigianali e commerciali, non professionali o altro).

I patti in deroga

I patti in deroga hanno rappresentato un importante momento per le locazioni abitative, anche se oggi la normativa è stata abrogata dalla nuova legge sulle locazioni abitative.

I patti in deroga hanno segnato, dal punto di vista sociale e politico, la liberalizzazione dei canoni.
In effetti, l’art. 11 L. 359/92, permetteva alle parti, con un sistema di rinnovo obbligato, salvo casi speciali, e quindi con un meccanismo molto simile agli usi diversi, di derogare l’equo canone per quanto riguardava l’importo dell’affitto, consentendo una vera e propria liberalizzazione.
Invero, dal punto di vista strettamente giuridico, i binari erano molto stretti, per cui bastava uscire dal raddoppio della durata (ad esempio prevedendo una durata minore del rapporto-due più due, uno più uno ecc.) che veniva applicato l’equo canone quadriennale e questo in quanto l’equo canone rimaneva la normativa principale e fondamentale.

La nuova legge sulle locazioni
L’equo canone sulle locazioni abitative viene definitivamente abbandonato con la legge 431/98.
La normativa prevede tre fattispecie contrattuali fondamentali:
1)-Rapporti completamente liberi;
2)-Rapporti con canone libero ma di durata vincolata;
3)-Rapporti a canone e durata vincolata, ma con durate più brevi e benefici fiscali.
Contratti completamente liberi

Sono sottratti ad ogni normativa vincolistica un’importante fetta degli immobili più signorili (ville, appartamenti signorili, immobili storici) e le destinazioni ad uso turistico; in questi contratti si applica esclusivamente il codice civile, senza alcun limite tra le parti che non sia dettato dal buon costume.

Contratti canale libero
Rispecchiano i patti in deroga, anche se non vi è il rischio di ricadere nell’equo canone che è stato definitivamente abrogato, per quanto riguarda il prezzo della locazione, nonostante permangano alcune norme quali, ad esempio, l’art. 9 relativo alle spese di amministrazione.
La durata è di quattro anni rinnovabile obbligatoriamente la prima volta, salvi casi particolari di necessità (tra i quali la vendita se si ha solo l’immobile ove si vive oltre a quello locato, ma è prevista la prelazione) ed è previsto il rinnovo automatico, salva disdetta sei mesi prima, anche se è prevista una procedura di rinnovo se le parti sono intenzionate a trattare.
Il canone è liberamente stabilito dalle parti; non è previsto aumento ISTAT, né in caso di lavori, per cui sussiste effettivo dubbio interpretativo sulla possibilità di aumenti in corso di rapporto e si, in quale misura.

Canoni concordati
I canoni concordati sono riferiti a:
a)-Rapporti abitativi;
b)-Rapporti transitori;
c)-Rapporti con studenti;
A

In contratti ad uso abitativo hanno la durata di tre anni, con proroga di due salvi motivi speciali; si rinnovano se non viene inviata disdetta tre mesi prima.
I modelli sono stabiliti a livello nazionale, mentre le associazioni di categoria, a livello comunale, stabiliscono le misure minime e massime.
Il locatore che accede a questi contratti può contare su un bonus fiscale del 30% per il registro e per l’IRPEF, mentre in relazione all’ICI decide il Comune.

Anche il conduttore ha diritto a benefici fiscali che vengono decisi di anno in anno, in relazione ai redditi.
B
Sono contratti di durata fino a diciotto mesi per esigenze documentate transitorie del conduttore o del locatore.
I modelli sono stabiliti a livello nazionale e i canoni a livello locale; non vi sono benefici fiscali.
C
Sono contratti di durata variabile per studenti universitari.
Imperatività
Anche la nuova legge sulle locazioni presenta un articolo che rende la normativa imperativa; è l’art. 13 che stabilisce:

1)-La durata dei contratti non può essere inferiore a quanto stabilito dalla legge (evidentemente per quelli per i quali è prevista una durata minima);
2)-Il locatore non può percepire somme maggiori di quello che è stato stabilito dalle associazioni (nei contratti concordati), né da quanto risulta dal contratto scritto e registrato (il conduttore ha tempo sei mesi dal rilascio per chiedere la restituzione di quanto pagato oltre il dovuto);
3)-Il contratto deve essere necessariamente scritto, ma se il locatore impone un rapporto di fatto per percepire un canone "in nero", il conduttore può ottenere che il Giudice dichiari la sussistenza di un contratto a "canone concordato".

I procedimenti speciali
L’art. 447 bis. C.p.c.

L’art. 447 bis c.p.c. dispone che alle locazioni sia applicato il rito del lavoro; il rito del lavoro è connotato da caratteristiche di oralità, e concentrazione, ciò significa che sono previste poche difese scritte e le tre fasi (introduzione, istruttoria e decisione) sono determinate da atti semplici e poco articolati; ad esempio la fase della decisione non contempla, di norma, scambio di difese e repliche scritte ma una discussione orale seguita da una sentenza il cui dispositivo viene letto in udienza dopo la discussione.
In realtà la finalità del legislatore è stata completamente disattesa; la carenza di organico, la effettiva complessità della materia che ha dato luogo ad una copiosa giurisprudenza a volte contrastante, ha fatto si da un lato, che le cause durassero ancora di più che quelle ordinarie, stante la necessità di fissare udienze di comparizioni parti, discussioni ecc., dall’altra che le varie questioni non potessero venire debitamente ponderate attraverso difese scritte e decisioni meditate, ma da discussioni orali e sentenze immediate.

I procedimenti di convalida
I procedimenti di convalida si dividono in morosità e finita locazione.

Nel primo caso, qualora il conduttore non corrisponda il canone nei venti giorni oltre il termine e le spese di amministrazione (che devono raggiungere per entità le due mensilità di canone oltre i due mesi dalla richiesta) il locatore può intimare al conduttore lo sfratto, citandolo a comparire nanti il tribunale.
A quel punto, qualora il conduttore non compaia, ritirando gli atti, il giudice convaliderà lo sfratto, qualora non abbia ritirato gli atti il giudice ordinerà una rinotifica e convaliderà in ogni caso alla seconda udienza; qualora il conduttore compaia e non si opponga, potrà chiedere termine di grazia fino a tre mesi per il pagamento (il termine non è ammesso per gli usi non abitativi), qualora paghi, il procedimento verrà estinto, qualora non paghi lo sfatto verrà convalidato; qualora il conduttore si opponga allo sfratto il giudice, se richiesto, potrà emettere ordinanza provvisoria di rilascio e, comunque, trasformerà il rito in procedura ex art. 447 bis c.p.c..
Anche lo sfratto per finita locazione segue la stessa procedura della morosità; in questo caso il conduttore, non opponendosi, può ottenere fino ad un anno di proroga ai sensi dell’art. 56 L.392/78.

L’esecuzione del rilascio

A seguito di emissione di ordinanza di rilascio (o di sentenza se vi è stata opposizione) il locatore notifica il titolo esecutivo munito di precetto, che è un intimazione di rilasciare l’immobile entro dieci giorni; qualora il rilascio non avvenga l’Ufficiale Giudiziario notificherà un avviso con la data dell’accesso forzato e procederà all’ingresso nei locali con un fabbro e con la forza pubblica.

Le proroghe

Mentre nello sfratto per morosità non sono ammesse proroghe (anche se di fatto l’Uff. Giud. non esegue mai al primo accesso, ma ne fissa solitamente un secondo e, se insorgono difficoltà, anche un terzo ed un quarto) nella finita locazione si sono succedute proroghe di vario genere.
Dapprima le proroghe vedevano l’interruzione della procedura esecutiva; quindi, a seguito di ammonizione della Corte Costituzionale, il governo inventò l’introduzione di una procedura amministrativa devoluta al Prefetto inserita nel procedimento esecutivo giudiziario volto a graduare l’intervento della Forza Pubblica negli sfratti (e bloccandoli per anni); oggi, nella legge 431/98, è previsto che il conduttore possa richiedere con ricorso, una sola volta, al giudice, una ulteriore proroga a quella di una anno di cui all’art. 56 L. 392/78; la proroga può essere, al massimo, di sei mesi, per i casi normali, da nove a diciotto mesi per casi particolari di disagio (anziani, malati, in attesa della propria casa ecc.); in questi ultimi casi gli sfratti sono stati bloccati con reiterate proroghe per legge.



Codici Istat
Anno
Mese
Indice
Var. 100%
Var. 75%
2009
Marzo
134.5
1.0
0.75
2009
Febbraio
134.5
1.5
1.125
2008
Gennaio
134.2
1.5
1.125
2008
Dicembre
134.5
2.0
1.500
2008
Novembre
134.7
2.6
1.950
2008
Ottobre
137.0
3.4
2.550
2008
Settembre
135.2
3.7
2.775
2008
Agosto
135.5
3.9
2.925
2008
Luglio
135.4
4.0
3.000
2008
Giugno
134.8
3.8
2.850
2008
Maggio
134.2
3.5
2.625
2008
Aprile
133.5
3.3
2.475
2008
Marzo
133.2
3.3
2.475
2008
Febbraio
132.5
2.9
2.175
 
Gennaio
132.2
 


Tabelle millesimali
Articolo su tabelle millesimali

I più ricorrenti problemi legati alla conduzione del condominio riguardano le tabelle millesimali; in questo articolo si tenterà di chiarire l’argomento, si tenterà, in quanto due recenti sentenze, come vedremo nel corpo del testo, contraddicendosi, rischiano di creare notevoli difficoltà.

Cosa sono le tabelle millesimali: gli articoli 1118 e 1123 del codice civile, disciplinano la misura, rispettivamente, del diritto e dell’onere di contribuzione di ciascun condomino, stabilendo che questa sia proporzionale al valore del piano o della porzione di piano (unità immobiliare).

L’art. 1138 c.c. stabilisce che il regolamento di condominio debba contenere le norme di ripartizione delle spese secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino; il regolamento viene approvato dall’assemblea con maggioranza qualificata (maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà della proprietà). Le disposizioni di attuazione del codice civile (art. 68) contemplano che questo debba contenere il valore di ciascun piano o porzione di piano e che i valori stessi debbano essere espressi in apposita tabella allegata al regolamento.

La tabella millesimale è, pertanto, costituita da una tabella sintetica, nella quale sono riportati i valori proporzionali relativi alle singole unità immobiliari; i valori rilevano sia per quanto riguarda il voto in assemblea, sia per quanto riguarda il contributo alle spese.

Le tabelle non possono tenere conto del valore locativo dell’immobile, per legge, ma tengono conto, per lo più, delle superfici, ai quali valori vengono applicati i coefficienti riduttivi di cui al Decr. Min LL.PP. 12.480/66.Approvazione delle tabelle: Nonostante le tabelle siano contenute nel regolamento di condominio (da approvarsi a maggioranza) o ad esso allegate è indirizzo comune in giurisprudenza che, esprimendo le tabelle, una valutazione sul valore delle singole proprietà immobiliari, queste abbiano rilevanza negoziale e debbano, pertanto, essere sempre approvate all’unanimità; non solo, ma che la loro redazione o modifica, in sede giudiziaria, richieda l’intervento dei singoli condomini. (Cass. 3967/84, Cass. 1057/85, T. MI 21/12/92, Cass. 1602/95, T. Roma, 4/3/97).Ciò comporta che sia sempre necessaria l’unanimità dei condomini per l’approvazione o la modifica di tabelle e, in mancanza, ogni singolo condomino potrà adire l’Autorità Giudiziaria affinché provveda, citando ogni singolo condomino (e non l’amministratore) davanti al Giudice, con le prevedibili conseguenze in fatto di spese per anticipazioni.Presupposti per la revisione: L’art. 69 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile, dispone che le tabelle possano venire modificate ricorrendo due condizioni: la prima, che siano conseguenza di un errore la seconda che, a seguito di modifiche delle condizioni di una parte dell’edificio, siano mutati, in maniera rilevante, anche i rapporti.Il problema che, come anticipato, da dato luogo a contrasti giurisprudenziali anche all’interno della Seconda Sezione della Corte di Cassazione, è quello relativo alla rilevanza dell’errore.In passato, infatti, si erano affermati due indirizzi; il primo, stabiliva che la semplice divergenza tra valore oggettivo e valore espresso integrasse sempre presupposto per la modifica della tabella; in questa ipotesi, qualora il singolo condomino avesse verificato, a mezzo di un tecnico, che la sua proprietà fosse stata sopra valutata in relazione alle spese, poteva chiedere la revisione, occorrendo, anche al Giudice e ciò semplicemente sulla base di un divergenza oggettiva. Il secondo indirizzo, più restrittivo, enunciava il principio secondo il quale, non fosse sufficiente la divergenza oggettiva, ma colui che richiedesse la rettifica, dovesse dimostrare che la sua approvazione fosse stata frutto di un errore della volontà, errore essenziale, in quanto, se conosciuto, avrebbe comportato la mancata approvazione; naturalmente ciò integra un aggravamento dell’onere della prova che renderebbe oltremodo difficile procedere a qualsiasi azione.Le Sezioni Unite della Cassazione erano intervenute con la Sentenza 6222 del 9/7/97, suffragando il primo orientamento ma, di recente, la Sentenza 7908 del 12 giugno 2001, si è espressa in maniera difforme, riaprendo la questione; tale ultima pronunzia ha stabilito il principio secondo il quale, qualora la tabella abbia natura contrattuale, non sia esperibile l’azione di cui all’art. 69 disp. Att. C.c., ma sia esperibile l’ordinaria azione di annullamento del contratto per vizio della volontà (errore essenziale, violenza o dolo).Invero è da rilevare, che nella legge stessa è presente un’anomalia che rende la questione risolvibile in due modi diversi a seconda del profilo dalla quale la si esamini; il condominio, infatti, costituisce una comunione, le cui quote sorgono al momento del sorgere del diritto, dato dall’acquisto dell’unità immobiliare; tali quote, peraltro, sono dichiarate dal regolamento e da allegate tabelle, in funzione della ripartizione delle spese; detto sistema integra una sorta di "feedback" per cui le proporzioni preesistono oggettivamente (costituendo parte del titolo anche secondo l’art. 1118 c.c.) ma vengono dichiarate ed allegate al regolamento in funzione del voto in assemblea e della ripartizione delle spese; la valutazione, pertanto, avviene sempre in un momento successivo al formarsi del condominio o del diritto e, pertanto, all’acquisizione delle quote, mentre nella comunione le quote conferiscono il diritto stesso; ciò, peraltro, avviene anche nel caso di accertamento al momento della vendita da parte del costruttore al singolo, atteso che l’attribuzione del valore può non coincidere con l’effettiva quota data dal valore oggettivo dell’immobile venduto.Vista la questione in tale ottica deve ritenersi la rilevanza dell’errore sussistere presuntivamente in ogni divergenza, ritenendosi le tabelle meramente dichiarative di una situazione oggettiva preesistente (ciò a conferma del primo orientamento); qualora, invece, le tabelle divergessero per espresse deroghe presenti nel regolamento contrattuale, (statuizioni e oneri di spesa diversi dalla norma per uno o più condomini) la modifica verrebbe inquadrata come annullamento contrattuale per vizio della volontà.

Rimane un’ultima questione da sottolineare; l’ultima pronunzia (giugno 2001) sembrerebbe lasciare aperta la strada all’esistenza di tabelle non contrattuali ma approvate a maggioranza; tale principio si porrebbe in contrasto con l’orientamento pressoché uniforme che vede necessaria l’approvazione all’unanimità delle tabelle; nei prossimi tempi assisteremo agli sviluppi.

 
Avv. Paolo Gatto
Consulente legale A.P.P.C.


Le leggi

Attenzione: Ricordiamo agli utenti che non basta conoscere le Leggi, bisogna saperle anche interpretare! Pertanto vi consigliamo di rivolgerVi ad un professionista che sara' sicuramente in grado di assisterVi nei vostri problemi condominiali.
Forse un giorno saranno leggi
         °  Regione Sicilia: Proposta di legge n.315/97 del 18/02/97 Albo regionale amministratori
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